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Banca d'Italia, la tensione sulle materie prime complica la ripresa economica


L'economia italiana continua a crescere con un buon ritmo, sebbene gli indicatori anticipatori comincino a registrare un fisiologico rallentamento nell'ultima parte del 2021. È ciò che si desume dal bollettino economico di Banca d'Italia pubblicato lo scorso 22 ottobre. Palazzo Koch stima che nel terzo trimestre la crescita del Pil sia stata superiore al 2%, sebbene a settembre l'indicatore Ita-coin abbia registrato timidi segnali di cedimento: "L'indicatore Ita-coin è sceso, pur restando largamente positivo; tale andamento risente in parte dei problemi di approvvigionamento delle imprese manifatturiere, mentre la domanda ha fornito un contributo positivo", si legge nella nota. In effetti nel suo ultimo bollettino economico Banca d'Italia dedica ampio spazio al tema dell'approvvigionamento delle materie prime. Stando ad un suo sondaggio condotto tra il 26 agosto e il 16 settembre su 1.500 imprese, buona parte delle aziende ritiene che la situazione economica sia migliorata rispetto alla scorsa primavera, ma un'altra consistente parte considera rilevante il problema della crisi energetica e dell'approvvigionamento dei materiali necessari a portare avanti la propria attività. Il numero di imprese che prevede un aumento della domanda per i propri prodotti nel prossimo trimestre è superiore a quello delle imprese più "negative". C'è però un ostacolo notevole tra la domanda di prodotti e la capacità di soddisfare questa domanda: la mancanza di materiale da "trasformare". Stando al sondaggio di Banca d'Italia l'andamento dei prezzi dell'energia, petrolio in primis, rappresenta un fattore di incertezza mentre l'indisponibilità di input intermedi viene classificata come "il più rilevante fattore di ostacolo per l'attività delle imprese dell'industria in senso stretto". Circa il 20% delle aziende di servizi ha incontrato difficoltà nel reperire gli input produttivi nei primi nove mesi del 2021. Percentuale che si alza al 60% per il campione delle sole aziende appartenenti all'industria in senso stretto, specialmente nei comparti della chimica, della gomma, della plastica e della metalmeccanica. Per coloro che sono riusciti a reperire ed acquistare il materiale sopraggiunge però un altro fattore avverso alla crescita e la ripresa economica: circa l'80% delle aziende con difficoltà nel reperimento (che si è compreso appartenere principalmente all'industria)  ha segnalato rincari durante la fase degli acquisti. Il 70% di queste invece avrebbe parlato di indisponibilità, così come di ritardi legati ai tempi di lavorazione dei fornitori o i tempi di trasporto. Come rivelato dagli ultimi dati sui prezzi, l'aumento del costo delle materie prime si sta scaricando sui listini finali: il 34% delle aziende con difficoltà di approvvigionamento segnala un aumento dei prezzi di vendita, mentre il 30% dei tempi di consegna. Dal sondaggio di banca d'Italia emerge insomma un aumento delle incognite sulla ripresa economica. Sempre secondo il bollettino di Banca d'Italia, però, si tratterebbe di difficoltà temporanee. Per Palazzo Koch le pressioni sui prezzi associate ai rincari delle materie prime e degli input intermedi "dovrebbero avere carattere temporaneo". Tra le motivazioni che spingono la banca centrale ad affermare ciò si annovera il mercato del lavoro. L'aumento dei prezzi non si sarebbe infatti ancora scaricato sugli stipendi, il che eviterebbe una potenziale spirale inflattiva: "Non vi sono finora segnali di amplificazione dovuti alla dinamica salariale, anche se non si può escludere che emergano in futuro". E ancora: "Al momento essa [la dinamica salariale, ndr] resta assai moderata anche a causa degli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata". L'aumento del costo delle materie prime e, quindi, dei prezzi finali si scaricherebbe insomma in parte sui salari reali (con i nominali stazionari nonostante un aumento rilevante dell'inflazione) dato l'alto tasso di disoccupazione, che non facilita una dinamica espansiva dei salari.


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